lunedì 29 agosto 2016

TERREMOTO, L’ESPERTO GIAPPONESE: «NEL MIO PAESE UN SISMA DEL GENERE NON AVREBBE QUASI PROVOCATO CROLLI»


Parla l’ingegner Yoshitero Murosaki: «L’esperienza ci ha portato a costruire rispettando severi controlli antisismici. Temo che in Italia manchi una cultura della prevenzione»

pubblicato da: www.corriere.it

Imparare dai giapponesi a salvare vite umane e patrimonio culturale (ed edilizio) nazionale. Il Sol Levante è quasi agli antipodi. Ma condivide con l’Italia la fragilità delle faglie che «sostengono» città e villaggi. Anzi, l’Arcipelago nipponico, affacciandosi sull’intersezione tra la placca asiatica e quella del Pacifico, all’interno della cosiddetta «cintura di fuoco», è soggetto a eventi quasi giornalieri, talvolta con una forza distruttiva spaventosa: basti pensare al terremoto-tsunami dell’11 marzo 2011, nono grado della scala Richter e oltre 15 mila morti. «Eppure — dice al Corriere il professor Yoshiteru Murosaki, 73 anni, ingegnere, docente emerito all’Università di Kobe, ordinario alla Kwansei Gakuin e direttore dell’Istituto per la prevenzione dei disastri — in quell’occasione la maggior parte delle vittime fu causata dall’onda di marea, non dai crolli. Questo perché da una parte, escluse le grandi città, nelle province molte case hanno strutture in legno, quindi più elastiche. E poi perché l’esperienza ci ha portato a costruire rispettando severi criteri antisismici».

A suo avviso che tipo di terremoto ha colpito il Centro Italia?
«In questo caso, non siamo in presenza di un terremoto dei più potenti, ovvero di un terremoto tettonico originatosi lungo i margini di placca. Questi terremoti, che si producono in seguito allo sfregamento di due placche contigue, sono quelli che rilasciano le maggiori quantità di energia, e quindi causano anche i maggiori disastri. Il terremoto che si è verificato in Italia è stato invece determinato dai movimenti di masse magmatiche in profondità, è quello che i sismologi giapponesi definiscono chokka jishin (terremoto localizzato) o nairiku jishin (terremoto interno). Questi terremoti, meno frequenti dei primi, hanno un’origine superficiale, un raggio dell’epicentro più limitato e una potenza inferiore».

Eppure i danni sono stati ingenti, così come le vittime...
«Nonostante la potenza limitata, si sono avute forti scosse superficiali, del sesto grado della scala Richter: può essere dovuto al fatto che l’epicentro fosse situato in prossimità della crosta terrestre. Una seconda ragione si potrebbe individuare nella presenza di un sottosuolo soffice. Nei terremoti superficiali si determina un’area circoscritta di scosse particolarmente forti».

In Giappone avrebbe causato gli stessi danni?
«In presenza di onde sismiche del sesto grado Richter, è molto raro, sia in Giappone sia in Italia, che si verifichino danni agli edifici così ingenti come in questo caso. Lesioni di questa portata possono essere attribuite solo alla mancanza nelle costruzioni di adeguate strutture antisismiche. Normalmente, in Giappone, un terremoto di questa magnitudo e con vibrazioni di questo tipo non produce le vittime che ha prodotto il terremoto dei giorni scorsi nell’Italia centrale. Può essere che a fare la differenza sia la struttura in legno degli edifici rispetto a quella in mattoni. Certo, succede anche in Giappone che con terremoti tra il quinto e il sesto grado, cioè della stessa magnitudo di questo, si verifichino danni agli edifici e crolli, ma sono casi rari».

Dal 1995, quando un sisma provocò nella sua città, Kobe, oltre seimila morti, molte cose sono cambiate. Città come Tokyo, Kyoto, Osaka, dove svettano migliaia di grattacieli costruiti con criteri all’avanguardia — rinforzi, contrappesi, tiranti — sembrano in grado di resistere alle scosse più potenti. Cosa dobbiamo fare in Italia a livello di prevenzione?
«Il Giappone ha un’antica dimestichezza con questo fenomeno. L’alta frequenza con cui da sempre nel nostro arcipelago si verificano terremoti di proporzioni enormi ci ha reso previdenti. Qui da noi, lo studio di misure antisismiche con cui mettere in sicurezza gli edifici storici e in generale i beni culturali del Paese progredisce costantemente. Ho l’impressione che in Italia, in confronto, una vera cultura della prevenzione a livello del cittadino comune sia ancora piuttosto carente. Certo, il vostro Paese ha un patrimonio edilizio molto più antico del nostro, e dunque non è agevole adattarlo alle necessità del presente. Però è indispensabile che le autorità, a ogni livello, vigilino perché le regole antisismiche siano rispettate rigorosamente: è questa l’unica strada per salvare, un domani, il maggior numero di vite umane. E anche di edifici».

Nessun commento:

Posta un commento