venerdì 26 agosto 2016

QUEI TOSSICI CHE HANNO IN MANO LA NOSTRA VITA

Medici, piloti e manager al lavoro sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o alcol. Ecco i pericoli che nessuno racconta

pubblicato da: www.ilgiornale.it

Un'operazione a cuore aperto, i comandi di un volo di linea, il futuro di centinaia di lavoratori: affidarli a una persona drogata o ubriaca equivale a un suicidio collettivo. Eppure ci sono categorie professionali più a rischio di altre per l'abuso di alcol e l'uso di sostanze stupefacenti.

Sono medici, piloti, manager. Ma anche infermieri, controllori di volo, gruisti, conducenti di camion, autobus e treni. Cos'hanno in comune? Fanno lavori molto stressanti e hanno in mano la vita di altre persone. Non se ne parla. Si tratta di argomenti tabù, anche all'interno delle stesse categorie. E non ci sono, almeno in Italia, statistiche ufficiali sul fenomeno. Il velo sta appena cominciando ad alzarsi da ospedali e sale operatorie, rivelando che le professioni mediche sono tra quelle più colpite. Studi internazionali, negli Stati Uniti ma anche in Paesi europei come Spagna, Germania e Inghilterra, parlano del 12 per cento circa di operatori sanitari che hanno problemi - abuso oppure vere e proprie dipendenze - con alcol, droghe, farmaci, gioco d'azzardo. Nel nostro Paese una ricerca di Dianova International (del 2012) stima un dottore su dieci. Numeri, comunque, preoccupanti.

Nasce da qui il Progetto Helper di Torino, un centro per la disintossicazione e la cura di medici affetti da dipendenze. L'idea è partita da don Paolo Fini, che da anni si occupa di recupero dei tossicodipendenti nel Centro torinese di solidarietà, e dal professor Augusto Consoli, capo del Dipartimento dipendenze della Asl Torino 2, in collaborazione con l'Ordine provinciale dei medici.

Ma perché serve una clinica «speciale» per dottori? «Medici e infermieri - spiega la dottoressa Tiziana Borsatti, consigliera dell'Ordine e referente del progetto - sono pazienti difficili da gestire. Prima di tutto perché sono convinti di potersi autocurare. Poi perché hanno bisogno di un luogo dove isolarsi e dove ci sia privacy assoluta e l'anonimato sia garantito. Non possono permettersi che si sappia del loro problema o che qualcuno li riconosca al Sert. Diventerebbe uno stigma».

La dottoressa, anestesista rianimatrice, ha incontrato colleghi che abusavano di sostanze. «Mi chiedevano aiuto - dice -, ma soprattutto di mantenere il segreto. È un fenomeno negato per anni. Helper oggi è un servizio indispensabile». I più colpiti sono chirurghi, anestesisti, psichiatri, medici di pronto soccorso, ginecologi. Con i cali di organico hanno turni sempre più duri. Non possono sbagliare nulla, sono sotto pressione continua, a contatto quotidiano con la sofferenza e la morte ma anche con le sostanze «proibite». Un dottore si prepara da solo la dose e crede di poterne gestire gli effetti. I veleni più utilizzati sono alcol, cocaina e psicofarmaci. Le conseguenze sono errori e conflittualità nelle équipe.

I medici devono poi fare i conti con il rischio burn-out, la sindrome da «esaurimento emotivo» che colpisce chi lavora con il pubblico.

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