sabato 30 luglio 2016

DATI SUI RICOVERI FALSIFICATI: INGIUNZIONE PER DUE CLINICHE PRIVATE PUGLESI

pubblicato da http://bari.repubblica.it/

Puglia, il business milionario delle truffe sui ricoveri: al setaccio le cliniche private

I controlli a campione disposti dalle Asl hanno portato a una ingiunzione da 13 milioni di euro a una struttura privata tarantina da parte della Regione. La documentazione è stata inviata in Procura
Puglia, il business milionario delle truffe sui ricoveri: al setaccio le cliniche privateIl caso più eclatante è quello di una clinica di Taranto alla quale l'Asl ha chiesto la restituzione di 13 milioni di euro per un motivo molto semplice: la casa di cura San Camillo aveva chiesto il rimborso per prestazioni, nella fattispecie ricoveri, diversi da quelli realmente erogati.
La vicenda è approdata dinanzi i giudici del Tar, che si sono pronunciati anche su una vicenda simile: quella di un'altra clinica di Taranto, la Casa di cura Bernardini, che dall'Asl ha ricevuto l'ordine di restituire poco più di un milione 300mila euro per la stessa ragione, cioè per l'inappropriatezza di 414 ricoveri. (...)
I casi delle due cliniche tarantine sono il frutto dei controlli sull'appropriatezza dei ricoveri che la Regione Puglia ha aumentato, arrivando a verifiche sul 100 per cento delle cartelle cliniche che rientrano nei parametri indicati dal ministero. Ogni asl ha un'Uvar aziendale, composta da medici che si recano nelle cliniche private per controllare le carte cliniche e le schede di dimissioni dei pazienti. "Con questo tipo di controlli abbiamo scoperto il caso di queste due cliniche", spiega il direttore generale dell'Asl di Taranto, Stefano Rossi.
Il Tar di Lecce si è pronunciato soltanto su uno dei due contenziosi. Praticamente la Casa di cura Bernardini aveva chiesto e ottenuto il rimborso per 414 ricoveri fra il 2009 e il 2013 che l'Asl ha però ritenuto inappropriati perché, ricostruiscono i giudici, erano stati classificati come chirurgici e "quindi remunerati in base alla tariffa assai più elevata" e non come di natura medica. Una differenza sostanziale perché il periodo di degenza è meno lungo. Controllando le cartelle cliniche, le richieste dei medici di base e le lettere di dimissioni, "l'organo di controllo - si legge nella sentenza - ha rilevato numerose ipotesi di inappropriatezza, accertando di volta in volta che la diagnosi principale era errata e non poteva giustificare l'intervento chirurgico asseritamente eseguito presso la struttura".

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